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Approfondimento: Walter Tocci e il suo progetto "METROVIA, l'idea che muove Roma"

« Le linee tranviarie e metropolitane devono essere integrate a larga scala, altrimenti non si ottiene l’effetto rete e, a parità di costi, diminuisce l’efficacia. Un’istituzione che non è in grado di progettare la città non potrà neppure intervenire per cambiarla».


È stato consigliere comunale a Roma dal 1985 al 1993, quando si dimise per assumere l'incarico di vicesindaco e assessore alla mobilità nella giunta di Francesco Rutelli che mantenne fino al 2001. In quegli anni ha impostato la strategia della "cura del ferro", avviando il potenziamento del trasporto pubblico nella Capitale.

A vent’anni dalla sua ideazione, la "cura del ferro" è un programma ancora attuale e attuabile, che il suo promotore ripercorre e sostiene con forza come la possibile soluzione alle problematiche del traffico e della mobilità, ma non solo, che affliggono Roma e la sua area metropolitana. Risale al 1996 la proposta del Comune di Roma nota come rete Metrobus 3x3, che prevedeva la realizzazione di tre passanti ferroviari regionali integrati con altrettante metropolitane urbane. «L’Alta Velocità ha liberato dal traffico nazionale la vecchia linea tirrenica per Napoli, e la ferrovia fino a Gaeta potrebbe divenire una potente metropolitana regionale, a servizio dei pendolari e a sostegno di un diverso sviluppo dell’agro pontino. I quattro passanti potrebbero rappresentare il telaio infrastrutturale della Regione capitale, compensando il deficit infrastrutturale accumulato in trent’anni di disseminazione edilizia».


« Ritengo che a breve termine sarebbe meglio investire sui passanti, mentre a lungo termine emergono i vantaggi della chiusura dell’anello, poiché questi - una volta ultimati - dovranno attraversare la città utilizzando anche l’arco nord e non più solo quello sud come accade oggi».


Che relazione intercorre tra la logica dei passanti ferroviari e lo sviluppo della rete metropolitana romana?


«La logica dei passanti si rivela ancora più importante se riferita alle metropolitane in città. La linea C, servendo il cuore del centro storico, crea le condizioni strutturali, insieme ai nuovi tram, per una vera pedonalizzazione. È fondamentale a mio avviso rilanciare la credibilità del progetto della linea C, senza nascondersi dietro le difficoltà archeologiche che, al contrario, possono diventare opportunità, come previsto dal progetto originario redatto secondo il "metodo Roma", introdotto da Adriano La Regina e basato su una forte integrazione del lavoro di ingegneri e archeologi».


Quali erano i punti salienti del progetto?


« La linea C è stata tra l’altro progettata per rendere attuabile il progetto Fori, secondo lo studio commissionato negli anni Ottanta dallo stesso La Regina a Leonardo Benevolo. La versione originaria del progetto della linea C disegnava sotto il viale e in connessione con la stazione Colosseo un grande foyer di ingresso al parco dei Fori. » Negli anni Novanta emerse anche, in seguito a studi più approfonditi, la necessità di una quarta metropolitana, la linea D. «Si tratta di una linea in direzione parallela a ovest della B, da Salario a Ludovisi, passando per Campo Marzio e Trastevere, fino a Magliana e all’Eur. Una linea molto ben calibrata a servizio dei quartieri a più alta densità abitativa e terziaria.


Oltre a questa linea, sarebbe necessario estendere il bacino di offerta delle metro esistenti con adeguati prolungamenti per la linea A - oltre il GRA a sud e verso Torrevecchia a nord - e ampie diramazioni per la linea B».


«Consideriamo innanzitutto che Roma nelle direzioni radiali sprovviste di metro presenta flussi di mobilità di circa 3-4 mila passeggeri/ora. » .


Ci può descrivere la sua idea di città tram-pedonale?


«Come ci insegnano esempi europei, il tram può rappresentare un importante strumento di riqualificazione e ricucitura urbana e non solo una semplice infrastruttura. A Roma si potrebbero realizzare tre passanti centrali, che coprirebbero tutte le direttrici non servite dalle quattro metropolitane, più un passante periferico nell’area orientale della città. I tre passanti centrali sarebbero perfettamente integrati con le reti metropolitane e ferroviarie, garantendo a queste la distribuzione capillare dei flussi e l’integrale accessibilità dei luoghi. Non sarebbero solo infrastrutture di trasporto, ma creerebbero l’occasione per ripensare la funzione e l’immagine delle vecchie consolari, facendone i più bei viali di Roma contemporanea.


I lavori necessari alla realizzazione degli impianti tranviari offrirebbero l’opportunità per fare una buona manutenzione delle vecchie reti urbane - spesso in pessime condizioni - e allo stesso tempo per posare le nuove reti tecnologiche digitali. Questa operazione cambierebbe il volto della città, come non sarebbe possibile in nessun altro modo. Le vie consolari tornerebbero a essere la trama del tessuto urbano e ritroverebbero l’originario carattere di transito che nell’antichità costituiva l’annuncio della città per chi arrivava e il ricordo per chi partiva. Tale rinascita si può stimolare solo col tram, in quanto strumento in grado di agire contestualmente sui processi strutturali, funzionali e simbolici».